Si pensi, ad esempio, ai locali già destinati ad uso di un servizio di portineria che è stato soppresso, ad una cantina condominiale inutilizzata, al parcheggio, alla lavanderia. Può verificarsi l'interesse da parte di un condòmino di cedere o acquistare la proprietà esclusiva della parte comune in questione.
Ma la Cassazione (sentenza 9361/2021) stabilisce che la vendita di un’area comune è possibile solo se c’è l’unanimità. Questo perché, come anticipato, la proprietà è di tutti i condomini e la stessa può essere ceduta solo con il consenso di tutti i titolari del bene.
Il singolo partecipante al Condominio non può cedere o locare a terzi il suo diritto sulle parti comuni indipendentemente dal suo diritto di proprietà esclusiva.
Il principio sancito dalla Suprema Corte è molto chiaro: le parti comuni o le loro porzioni annesse alla proprietà privata (come, per esempio, una parte di un volume tecnico) non si possono vendere senza il consenso di tutti i condòmini, pena la nullità del contratto di compravendita in favore di terzi. E ciò perché, diversamente, sarebbe assimilabile a un contratto acquistato senza il consenso di uno dei proprietari.